Riprendo l’argomento dello scorso articolo perché vorrei capire e analizzare certe dinamiche insieme a voi.
Diversi anni fa, quando le autopubblicazioni non esistevano o esistevano sotto forme diverse, gli autori esordienti e gli aspiranti scrittori discutevano su forum e social delle differenze fra le case editrici a pagamento e quelle senza obbligo di contributo. Allora, se solo un editore si fosse permesso di offrire all’autore la possibilità di acquistare a prezzo ridotto un certo numero di copie del suo libro, avremmo drizzato le orecchie e ci saremmo chiesti: offrirà solo la possibilità o è un modo per dirgli che le deve comprare, altrimenti non lo pubblicano?
Insomma l’argomento principale erano le case editrici. Bisognava capire quali fossero degne di essere chiamate “editori” e quali no. Quali facessero un buon editing e quali no. Quali pubblicassero il tuo libro come una stamperia e quali invece lucidassero il prodotto grezzo che gli era stato inviato fino a farlo brillare in una pubblicazione.
La domanda che ci si poneva era: a chi devo affidare il mio manoscritto?
Da autori informati, una prima scrematura veniva fatta escludendo tutte le case editrici a pagamento e quelle “a doppio binario” (ossia che chiedevano contributi solo ad alcuni autori, ad altri no). Dopodiché si passava a esaminare quelle rimaste e, appunto, ci si faceva domande sull’editing, sulla copertina, sulla promozione. Ovviamente una casa editrice che non editava i testi prima di pubblicarli veniva considerata allo stesso livello di una tipografia. Ed era quindi da evitare.
Allora ci fu una vera e propria lotta contro l’editoria a pagamento. Ricordo molto bene come ne parlavamo sui forum, come ogni volta che veniva nominata una casa editrice si andasse a controllare a quale categoria appartenesse (io lo faccio tuttora). Si ricordava agli autori che avevano pubblicato con un editore a pagamento che avrebbero perso di credibilità e che la loro reputazione ne avrebbe risentito. Chi pubblicava con una casa editrice a pagamento, infatti, aveva meno possibilità di pubblicare poi con una casa editrice seria.
Oggi è diverso. Oggi si dà semplicemente la colpa ai self. Fate schifo. Scrivete male. Almeno il mio romanzo ha passato una selezione editoriale, il vostro no.
Sono tutti così concentrati in questa guerra tra self e autori pubblicati da case editrici, che si sono persi di vista alcuni punti. Mi ha fatto sorridere questa cosa, perché me ne ero accorta, ma mai come nelle scorse due settimane mi sono resa conto fino a che livello ci eravamo allontanati dal concetto più importante.
Vediamo un po’ quali sono gli argomenti più discussi negli ultimi tempi.
“I libri dei self non sono editati”
Strano, perché sono abbastanza sicura di averne editati diversi. Non è vero quello che viene affermato. Molti autori self ormai si fanno editare e curano i loro libri nei particolari, quindi anche cover, impaginazione e promozione.
Non tutti però.
Ne sono perfettamente consapevole. Non tutti inviano il loro manoscritto a un editor e lasciano fare al professionista il lavoro che spetta a lui svolgere e a nessun altro. Le scuse che vengono elencate sono su per giù sempre le stesse: non ho i soldi, non ho tempo (perché devo subito pubblicare il prossimo titolo!), e – questa vi farà veramente ridere – non voglio che un editor stravolga il mio testo!
Perché si sa il lavoro di un editor è stravolgere i testi altrui… giusto? No.
A fare questa accusa (“I libri dei self non sono editati!”) sono spesso autori che hanno pubblicato con case editrici. Non me ne voglia qualcuno che magari si riconosce in queste parole, non mi riferisco a una persona nello specifico, è un discorso generale, spero sia chiaro.
A questo punto mi chiedo: ma da quando tutti i libri pubblicati con editori sono editati al 100%?
Parliamoci chiaro, qui facciamo riferimento alle piccole case editrici, non alle grandi (anche se ne avremmo da dire, lo so). Da quando tutte le case editrici fanno editing?
Fino a poco tempo fa Lettere Animate dichiarava pubblicamente di non fare editing, ma una semplice correzione di bozze, con il risultato che spesso non si vedeva nemmeno quella.
Sì, ho fatto un nome. Non è un segreto, lo hanno detto proprio loro.
Altra casa editrice che non fa editing è Damster Edizioni, scoperto proprio poco tempo fa, da una loro autrice.
Alcune case editrici, poi, affermano che i loro testi sono stati editati, ma in realtà si sono solo limitate a svolgere una semplice correzione di bozze. Sono davvero pochissimi gli editori (e gli editor) che propongono di riscrivere interi capitoli, per paura forse di offendere l’autore?
Accusare gli autori self di non far editare i proprio libri è come dire che invece tutti gli editori lo fanno. Ma così non è. Quindi che senso ha? Si può accusare un self in particolare, certo (gli estratti di alcuni libri su Amazon parlano da sé, ahimè), ma non si può generalizzare.
Un autore che accetta di pubblicare il proprio manoscritto con una casa editrice che non fa editing non sta facendo altro che svenderlo, sminuirne il suo valore, proprio come fa il self quando non ritiene necessario mettere sul mercato un testo pulito. In entrambi i casi, i messaggi che arrivano sono tre:
- il mio libro non vale i soldi che si dovrebbero spendere per un editing;
- i miei lettori non valgono i soldi che si dovrebbero spendere per un editing;
- il mio libro non vale i miei lettori.
Mi dispiace dirlo, ma è così. E non vedo assolutamente la differenza fra self e autori pubblicati con editori, ma la differenza fra due tipi di individui.
I self hanno rovinato il mercato editoriale italiano.
I self hanno, dunque, rovinato il mercato editoriale. Perché si sa, fino a pochi anni fa andava a gonfie vele! Tutti quei nuovi talenti che venivano pubblicati! E gli esordienti, poi! Tutti eruditi! Tutti informatissimi! Tanto è vero che Albatros – Il filo si è fatto un bel malloppo pubblicando questi grandissimi autori.
I self non hanno rovinato il mercato editoriale, secondo me lo hanno riportato in vita. Male, ma intanto lo hanno fatto. Perché male? Perché è vero che, nel momento in cui Amazon ha dato a tutti la possibilità di autopubblicarsi, gente che non si sarebbe mai sognata di scrivere ha deciso di colpo che raccontare la propria vita sarebbe stato divertente, e che magari con quei due soldini di guadagno si sarebbe anche pagata qualche bolletta. Qualcuno usa dire che ormai “pubblicano cani e porci”, e di nuovo a me sale la domanda: ma perché? Prima non lo facevano lo stesso?
Ed è qui che mi riallaccio al discorso delle prime righe di questo articolo: come mai si sono tutti dimenticati che ci sono le case editrici a pagamento? Come mai queste ora sembrano esser state perdonate, accettate quasi, perché meglio con casa editrice a pagamento che self? Come mai vengono sostenute le case editrici che non fanno editing? L’avvento dell’autopubblicazione ci ha fatto distogliere lo sguardo proprio da questi “problemi” che già assillavano il panorama italiano delle piccole realtà editoriali.
Perché fare la differenza fra autore pubblicato con casa editrice e autore autopubblicato, quando l’unica, vera differenza è ed è sempre stata quella fra autore e imbrattacarte, libri buoni e libri pessimi?
Ai lettori cosa volete che interessi come pubblicate? A loro interessa solo avere fra le mani un romanzo o un racconto ben scritto, una storia coinvolgente o che faccia riflettere. Un testo pulito, che scorra bene e che sappia regalare piacevoli momenti di lettura.
A voi la parola.
Cado dal pero, nuovamente.
Son già caduto quando mi fu rivolta la domanda “ma, scusa, non hai fatto editare il tuo libro prima”? E io ho ancora i lividi dovuti alla caduta. Da allora sottopongo a editing serrato i miei testi… cioè i racconti brevi. Per iu lavori più lunghi metto da parte i soldi e poi ingaggio un editor. Per il discorso “i self fanno schifo” devo capire: chi è che dice a chi? Il panorama degli auto-pubblicati è talmente vario che è impossibile generalizzare. Ci sono personaggi strepitosi dallo stile formidabile (e che a volte fanno pure pubblicità ai loro editor) e gentaglia di cui non vorresti mai aver sentito parlare. Immagino siano questi ultimi, un gruppo nutrito e rumoroso, a ragliare contro i “self” e chi “manco una CE a pagamento”.
Il mio pensiero al riguardo è che si tratti di persone intelligenti: invece di spendere 1500 euro per stampare 100 copie con la CE a pagamento, ne spendono 1000 per l’editing, 300 per la stampa con Lulu o streetlib e il resto in pubblicità. Ci guadagnano come scrittori e hanno più probabilità di vendere anche i loro libri.
Ciao Andrew, grazie per il commento! Purtroppo ho davvero notato questa cosa, ed è assurdo che ci si punti il dito contro l’un l’altro. Ed è anche vero che è impossibile e sinceramente anche ingiusto generalizzare.
L’ha ribloggato su Sono Solo Scarabocchie ha commentato:
Ribloggo raramente, ma questo articolo di Lucia Coluccia merita di essere ben visibile. Grazie, Lucy, perché è illuminante.
Penso che il self possa salvare il mercato editoriale italiano, ma prima bisogna riconsiderare il concetto di “mercato editoriale italiano”. Non più grandi gruppi che scelgono cosa far leggere e piccoli editori che arrancano, ma un’offerta ampia e di qualità da parte del mondo self, che dovrà prendersi la responsabilità della qualità dei propri libri, investendo in piccolo e diventando ognuno imprenditore di se stesso, davvero stavolta e non nel profilo Facebook.
Non vedo l’ora, Luca. Soprattutto per quanto riguarda la qualità. C’è in generale una certa mancanza di responsabilità verso il proprio testo e i propri lettori, sia che si parli di self che di editori.
Condivido in pieno e in toto sia come collega che come autrice.
Come collega sono stata premiata con il compito di editare LA LEGGENDA DEI 7 SIGILLI di Danilo Simoni (Amazon) che ha raggiunto i 30.000 lettori.
Il punto qui forse è anche distinguere gli autori pigri da quelli pazienti e perseveranti, tra editing e revisione…
Forse veramente è arrivata l’ora di inglobare anche l’autore con la sua coscienza e consapevolezza non solo del suo lavoro ma anche del suo ruolo nel sistema editoria. Egli infatti è la pietra miliare attorno al quale gira tutto, non strumento per fare soldi da parte di altri.
Non deve avere un ego smisurato ma essere attento a far sì che il suo testo arrivi al lettore ” nella miglior forma possibile”. Tanti si limitano a scrivere e non correggono, non rileggono, si buttano tra le braccia di chi gli fa un sorriso e gli prosciuga il conto senza dare nulla in cambio.
E se cominciassimo dalle scuole di scrittura?
Silvia! Scusami, non avevo visto il tuo commento in coda di moderazione! L’ho notato solo ora e l’ho subito approvato. Spero tu legga la mia risposta.
Mi trovo del tutto d’accordo con te. È un bell’argomento ed è qualcosa che ho spesso detto nelle discussioni sui self. Hanno questa enorme pecca: non passando attraverso un minimo di selezione, buttano su Amazon il primo racconto che scrivono e si arrabbiano se poi ricevono recensioni negative. Una volta c’erano i forum di scrittura, ora non vanno più “di moda” perché fanno perdere tempo e, diciamocelo, denaro. Perché chi butta (altro non è che buttare il verbo giusto) su Amazon il proprio libro senza averlo nemmeno riletto, senza nemmeno essersi chiesto cosa si debba fare prima, senza essersi informato, vuole solo riuscire a guadagnare qualche soldo.
Manca il confronto con altri scrittori, manca un po’ di umiltà nell’accettare le critiche.
Sì, è proprio dall’autore che dovrebbe avere inizio il cambiamento. Ma quanto dovremo aspettare ancora?
Grazie per il commento e ti chiedo di nuovo scusa per non averlo notato subito!
il self ammazza il mercato? Quando mai? Hai detto giustamente che certi editori fanno orrore, perché non riescono nemmeno a correggere i refusi – vero Newton Compton? – perché il prezzo lievita.
Poi tra i self si trovano cose interessanti e ben curate. Come si trovano delle schifezze – né più e né meno come tra i titoli pubblicati dagli editori. E qualcuno li spaccia per casi letterari. Mi correggo. Sono casi letterari ma in negativo.
Dunque se qualcuno crede nel suo prodotto, di certo investe su di esso e usa il self per stare sul mercato con risultati migliori – in termine di soddisfazione personale – rispetto che affidarsi a una CE, che non fa editing né promozione e il tuo prodotto lo manda a macero.
Beh, anche per le CE non bisogna generalizzare. Ne conosco un paio che fanno un buon editing, anche se sono piccoline. Sono scelte che deve fare l’autore, il punto è che o pubblica in self o con un editore, deve essere consapevole di quello che sta facendo e deve sapere a cosa va incontro. Tutto qui. Poi comunque resto della mia opinione: la differenza non è fra self o autore pubblicato da CE, ma fra libri buoni e libri pessimi.
Grazie per il commento!
nessun dubbio che qualche CE, tra le minori, faccia editing e promozione. Diciamo che invece di essere un aspetto generalizzato, diventa di nicchia.
Comunque concordo che il valore di un libro non sta su come viene pubblicato ma sulla qualità della storia.
Condivido tutto ciò che hai scritto e soprattutto il pensiero che i self hanno portato alla vita nuovamente il mercato, anche se, come hai detto tu, chi non si era mai sognato di scrivere, decide improvvisamente di farlo. E’ un argomento molto ampio e contorto per quanto mi riguarda, forse perchè non ne so abbastanza a riguardo. Mi ha fatto piacere leggere questo tuo pensiero comunque…non so bene cosa ci sia dietro una casa editrice e le varie cose che comporta ecc, ma credo che avere un supporto alle spalle sia sempre utile per chi ha fra le mani un romanzo come si deve. Per quanto sia più semplice pubblicare con il metodo self, non credo risalti allo stesso modo. Se decido di pubblicare lo faccio per avere un riscontro più che positivo, invece di “accontentarmi”. Forse sto dicendo un enrome cazzate, ma è questa l’improssine che ho.
Anche se, una mia cara amica scrittrice, che ha sempre pubblicato un sacco di romanzi con le case editrici, ha deciso di pubblicare il suo ultimo in self e non ho ben capito la sua decisione. Credo che me lo dovrò far spiegare. 🙂